750 società internazionali che sopravvivono ancora oggi
e delle quali si sa poco o nulla
e delle quali si sa poco o nulla
Il partito nazista non è morto con la fine della Seconda Guerra Mondiale, ma sarebbe sopravvissuto fino ai giorni nostri nascondendosi dietro l’apparenza di grandi società internazionali che, ancora oggi, operano indisturbate ovunque nel mondo. Questa pagina di storia che affonda le proprie radici nell’Europa degli anni Quaranta, non è mai stata resa nota a causa di accordi che nessuno, da entrambe le rive dell’Atlantico, aveva interesse a rendere pubblici. Sin dal 1942, infatti, gli uomini dello staff di Hitler sapevano che la Germania sarebbe uscita sconfitta da un confronto bellico globale, per cui presero tutte le misure opportune per mantenere salda l’organizzazione del partito nazista, anche a guerra conclusa, fornendo un valido e fattivo aiuto a tutti i tedeschi che avessero voluto fuggire in altri Paesi. L’obiettivo: ricostruire la loro struttura politica in via occulta, con l’aiuto della grande finanza mondiale, per una nuova e grande Germania. Lo stesso Hitler aveva ordinato la creazione di una rete clandestina ed è assai probabile, se non certo, che due giorni prima della sua presunta morte nel bunker di Berlino, egli stesso sia fuggito in aereo insieme alla moglie Eva Braun e ai suoi uomini più fidati. La prima tappa sarebbe stata la Spagna, dove un sottomarino li avrebbe poi condotti nei lidi più sicuri del Sud America. Il ritrovamento dei cadaveri quasi interamente distrutti dalle fiamme di un uomo e di una donna fuori dal bunker, che in un primo tempo avevano fatto pensare erroneamente a Hitler e alla Braun, fu solo un banale depistaggio. Basti pensare che il corpo dell’uomo era alto 1 metro e 65 centimetri, contro il metro e 72 centimetri di Hitler. La donna, inoltre, aveva il petto squarciato da una bomba, mentre avrebbe dovuto avere soltanto un foro da proiettile alla testa. In pratica, era il corpo di una donna rimasta uccisa durante i bombardamenti di quei giorni. E’ del tutto accertato, come spiegò a suo tempo Stalin agli alleati, che il corpo di Hitler non è mai stato trovato e che, secondo il leader comunista, il dittatore tedesco sarebbe fuggito prima che l’esercito russo occupasse interamente Berlino.
UN LIBRO PROFETICO
Il problema è che questa conclusione del più grande conflitto mondiale dei tempi moderni non appare in nessun testo di storia, anche se il piano dei nazisti per creare una loro struttura organizzativa segreta a livello mondiale era già stato rivelato dal libro “The Nazis go Underground” (I nazisti vanno in clandestinità) di Curt Riess, pubblicato dalla Doubleday, Doran and Co., Inc. di Garden City, New York, nel 1944. E quindi ben un anno prima che gli eserciti alleati costringessero alla resa i riottosi seguaci di Hitler. Riess era quello che oggi definiremmo un giornalista scrittore, ma anche un avventuriero, di una certa classe. Curt Martin Riess nacque il 26 gennaio del 1902 a Wurzburg, in Baviera, e studiò Filosofia, Letteratura ed Economia a Berlino, Monaco, Heidelberg, Zurigo e Parigi. A Berlino divenne giornalista, ma presto dovette fuggire a causa dell’avvento di Hitler al potere. Nel 1934 era cronista del Paris Soir, uno dei più grandi quotidiani europei di quel tempo, che lo inviò negli Stati Uniti come corrispondente. Il Paese gli piacque e nel 1938 divenne cittadino statunitense. Da quel momento si mise a girare tra New York, Londra, Parigi e Hollywood come giornalista freelance. Pare, però, che lavorasse anche per i servizi segreti americani e, infatti, la fine della guerra lo vede a Berchtesgaden, il rifugio favorito di Hitler sulle Alpi bavaresi. Tornò quindi a New York, per poi trasferirsi nuovamente in Baviera dove avrebbe voluto vivere. Ma ancora una volta cambiò idea e nel 1952 si trasferì definitivamente in Svizzera, dove poi morì alla rispettabile età di 90 anni. Oltre a “The Nazis go Underground”, di lui si conoscono i precedenti libri “Total Espionage” (Spionaggio Totale), Edizioni Putnam, 1941; “Underground Europe” (L’Europa Clandestina), Edizioni Dial, 1942; e il successivo “The Berlin Story” (La Storia di Berlino), Edizioni Dial, 1952, nel quale descrive il confronto tra Est e Ovest nella capitale tedesca a guerra finita. Nel suo libro “The Nazis go Underground” Riess descrive nei dettagli, mostrando una profonda conoscenza del mondo tedesco e dei nazisti in particolare, ciò che Hitler e i suoi stavano preparando da tempo, dopo aver dichiarato guerra al mondo intero. Da buoni tedeschi, i nazisti avevano già pronto un Piano B da utilizzare nel caso, da loro considerato molto probabile, che avrebbero perso la guerra. Riess avvertiva così i suoi amici americani e inglesi dei preparativi in atto, ma a quanto pare nessuno gli volle dare retta. Almeno apparentemente. Per cui, a guerra conclusa, nessuno volle prendere come probabile la fuga del dittatore tedesco in Sud America, passando dalla Spagna del generalissimo Franco. E, almeno ufficialmente, nessuno lo cercò o tentò di neutralizzare la potente struttura economica che i tedeschi avevano costruito negli anni in Sud America e in buona parte del mondo.
LA VIA DI FUGA DEI I NAZISTI
Perché questo avvenne? La risposa la troviamo nel libro “The Rise of the Forth Reich - The secret societes that threaten to take over America” (L’ascesa del Quarto Reich - Le società segrete che minacciano di impossessarsi dell’America), Edizioni New York Times Bestseller, di Jim Marrs. Giornalista e scrittore di chiara fama negli Stati Uniti, non risulta che le sue opere siano mai state tradotte in italiano. Marrs è nato il 5 dicembre 1943 a Fort Worth, in Texas, dove si è laureato in giornalismo presso la locale University of North Texas. Successivamente ha conseguito anche un Master alla Graduate School of Texas Tech, a Lubbok, prima di passare a tempo pieno alla professione del giornalista. Per un certo periodo di tempo ha lavorato anche per i servizi di intelligence del suo Paese durante la guerra del Vietnam. A dare notorietà a Marrs sono stati i suoi libri, tutti documentatissimi e pieni di notizie. Uno per tutti: “Crossfire: the Plot that killed Kennedy” (Tiro incrociato: il complotto che uccise Kennedy), dal quale Oliver Stone ha tratto il film sul 35° presidente americano, assassinato a Dallas nel 1963. Jim Marrs è morto a Springtown, nel suo adorato Texas, il 2 agosto 2017. Aveva 74 anni.
Il libro “The Rise of the Fourth Reich” è un chiaro ed esplicito atto d’accusa nei confronti dell’amministrazione americana che non solo avrebbe coperto la fuga di Hitler dal bunker, ma ne avrebbe difeso anche l’esistenza impedendo che qualcuno potesse in qualche modo mettersi sulle sue tracce. Questo sarebbe avvenuto in segreto, è ovvio. Perché l’intelligence americana avrebbe seguito tutte le tracce lasciate dal dittatore tedesco e dai suoi accoliti, affinché non creassero ulteriori danni. Il tutto per coprire diversi miliardari americani (stiamo parlando del Gotha della finanza mondiale) che non solo avrebbero continuato a trafficare con i nazisti durante la guerra, ma avrebbero anche rifornito il loro esercito mentre in Europa le truppe americane combattevano i tedeschi e i loro alleati. Per esempio, erano americani i rifornimenti che riceveva il generalissimo Franco durante la guerra civile spagnola. Il silenzio su questi avvenimenti sarebbe stata la polizza di assicurazione per Hitler e i suoi prima che i soldati russi del generale Zukov issassero la bandiera rossa sulle rovine del Reichstag.
Solo ultimamente, in questi ultimi anni, la CIA avrebbe consentito a History Channel della A&E Networks di New York di svelare con il programma televisivo “Hunting Hitler” ciò che in effetti i tedeschi riuscirono a realizzare in Sud America. Anche perché ormai tutta la generazione di quel periodo è sottoterra, Hitler compreso. I nuovi gestori e padroni di quell’immenso patrimonio industriale e finanziario ormai sono altre persone e nessuno conosce le loro identità o i nomi delle società che fanno parte di quell’impero nascosto. Soprattutto, però, nessuno sa se questi grandi gruppi industriali stiano ancora portando avanti il progetto di Bormann e, nel caso, come siano collocati nel mondo finanziario moderno.
Il libro “The Rise of the Fourth Reich” è un chiaro ed esplicito atto d’accusa nei confronti dell’amministrazione americana che non solo avrebbe coperto la fuga di Hitler dal bunker, ma ne avrebbe difeso anche l’esistenza impedendo che qualcuno potesse in qualche modo mettersi sulle sue tracce. Questo sarebbe avvenuto in segreto, è ovvio. Perché l’intelligence americana avrebbe seguito tutte le tracce lasciate dal dittatore tedesco e dai suoi accoliti, affinché non creassero ulteriori danni. Il tutto per coprire diversi miliardari americani (stiamo parlando del Gotha della finanza mondiale) che non solo avrebbero continuato a trafficare con i nazisti durante la guerra, ma avrebbero anche rifornito il loro esercito mentre in Europa le truppe americane combattevano i tedeschi e i loro alleati. Per esempio, erano americani i rifornimenti che riceveva il generalissimo Franco durante la guerra civile spagnola. Il silenzio su questi avvenimenti sarebbe stata la polizza di assicurazione per Hitler e i suoi prima che i soldati russi del generale Zukov issassero la bandiera rossa sulle rovine del Reichstag.
Solo ultimamente, in questi ultimi anni, la CIA avrebbe consentito a History Channel della A&E Networks di New York di svelare con il programma televisivo “Hunting Hitler” ciò che in effetti i tedeschi riuscirono a realizzare in Sud America. Anche perché ormai tutta la generazione di quel periodo è sottoterra, Hitler compreso. I nuovi gestori e padroni di quell’immenso patrimonio industriale e finanziario ormai sono altre persone e nessuno conosce le loro identità o i nomi delle società che fanno parte di quell’impero nascosto. Soprattutto, però, nessuno sa se questi grandi gruppi industriali stiano ancora portando avanti il progetto di Bormann e, nel caso, come siano collocati nel mondo finanziario moderno.
I TEDESCHI ALLA CONQUISTA DEL MONDO
Ma vediamo che cosa dicono Riess e Marrs nei loro libri, in modo da potersi fare un’idea di ciò che realmente sarebbe avvenuto in quegli anni. Da tener presente che non risulta che nessuno si sia mai sognato di querelare i due autori per le loro documentatissime rivelazioni.
Le origini del nazismo vanno ben oltre l’avvento di Hitler al potere. Correva l’anno 1894, racconta Riess, quando un gruppo di facoltosi industriali tedeschi fondarono la Lega Pan-Germanica annunciando: “Noi dobbiamo essere un popolo conquistatore che prende per se stesso la propria parte del mondo e non cerca di riceverla attraverso il favore e la benevolenza di altri popoli”. Come spiega Riess, “Naturalmente questi uomini volevano fare affari. Ma più importante per loro era che questi affari avrebbero dovuto costituire la preparazione per una prova della dominazione del mondo da parte della Germania. Questo era ciò in cui essi credevano e lo scopo per il quale lavoravano. Deutschland uber alles! (La Germania al di sopra di tutto!). In un certo senso, se vogliamo chiamarli così, erano patrioti, ma di uno strano e fanatico tipo, in quanto credevano decisamente nel diritto della Germania a diventare il paese leader del mondo. Ma altrettanto decisamente non credevano nel diritto di esistere di altri popoli non germanici. La Germania al di sopra di tutto! Il marchio di fabbrica Made in Germany (Fatto in Germania) è diventato ai loro occhi una prova di qualità superiore. Anzi, ancora meglio, alle loro orecchie quel marchio era diventato una chiamata per mettere insieme le loro truppe per l’attacco finale al mondo. Tutti ovunque nel globo avrebbero dovuto usare prodotti Made in Germany. Qualunque cosa la Germania avesse fabbricato sarebbe stata superiore a ogni altro bene chiunque avesse realizzato. Gli ingegneri tedeschi erano i migliori. I prodotti tedeschi erano i migliori. Le idee tedesche erano le migliori. Gli inventori tedeschi erano i migliori…”. Come spiegava Riess nel 1944, “Le parole che quei signori hanno scritto cinquanta anni fa, sono ancora oggi molto vere. Lo spirito non è cambiato. Essi vogliono ancora conquistare il mondo, o la loro parte del mondo, a prescindere da qualunque considerazione”.
E’ su queste basi che nasce il nazional socialismo e si svilupperà la dittatura che porterà alla tragedia dell’olocausto e alla morte di circa 55 milioni di persone durante il più sanguinoso conflitto mondiale che storia umana ricordi.
Le origini del nazismo vanno ben oltre l’avvento di Hitler al potere. Correva l’anno 1894, racconta Riess, quando un gruppo di facoltosi industriali tedeschi fondarono la Lega Pan-Germanica annunciando: “Noi dobbiamo essere un popolo conquistatore che prende per se stesso la propria parte del mondo e non cerca di riceverla attraverso il favore e la benevolenza di altri popoli”. Come spiega Riess, “Naturalmente questi uomini volevano fare affari. Ma più importante per loro era che questi affari avrebbero dovuto costituire la preparazione per una prova della dominazione del mondo da parte della Germania. Questo era ciò in cui essi credevano e lo scopo per il quale lavoravano. Deutschland uber alles! (La Germania al di sopra di tutto!). In un certo senso, se vogliamo chiamarli così, erano patrioti, ma di uno strano e fanatico tipo, in quanto credevano decisamente nel diritto della Germania a diventare il paese leader del mondo. Ma altrettanto decisamente non credevano nel diritto di esistere di altri popoli non germanici. La Germania al di sopra di tutto! Il marchio di fabbrica Made in Germany (Fatto in Germania) è diventato ai loro occhi una prova di qualità superiore. Anzi, ancora meglio, alle loro orecchie quel marchio era diventato una chiamata per mettere insieme le loro truppe per l’attacco finale al mondo. Tutti ovunque nel globo avrebbero dovuto usare prodotti Made in Germany. Qualunque cosa la Germania avesse fabbricato sarebbe stata superiore a ogni altro bene chiunque avesse realizzato. Gli ingegneri tedeschi erano i migliori. I prodotti tedeschi erano i migliori. Le idee tedesche erano le migliori. Gli inventori tedeschi erano i migliori…”. Come spiegava Riess nel 1944, “Le parole che quei signori hanno scritto cinquanta anni fa, sono ancora oggi molto vere. Lo spirito non è cambiato. Essi vogliono ancora conquistare il mondo, o la loro parte del mondo, a prescindere da qualunque considerazione”.
E’ su queste basi che nasce il nazional socialismo e si svilupperà la dittatura che porterà alla tragedia dell’olocausto e alla morte di circa 55 milioni di persone durante il più sanguinoso conflitto mondiale che storia umana ricordi.
UNA RETE CLANDESTINA
Riess fa nomi e cognomi dei nazisti che costruirono la rete clandestina del Terzo Reich. La data in cui la Germania decise di realizzare la sua organizzazione clandestina era il 16 Maggio del 1943 e le operazioni vennero condotte al numero 11 di Koenigsallee in Berlin-Grunewald, quasi un piccolo castello che gli uomini delle SS avevano sequestrato ad un banchiere ebreo. Su ordine di Heinrich Himmler, generale plenipotenziario del Reich, la struttura venne affidata ai generali Werner Heissmeyer e Fritz Kaltenbrunner delle SS. Il progetto, nella sua complessità, si basava su un semplice assunto: trasferire la struttura statale in una rete clandestina che sarebbe stata costituita da gruppi, unità, dipartimenti e organizzazioni parallele a quelle già esistenti nello Stato. L’idea era maturata durante una riunione che era stata tenuta il 9 Novembre 1942 nell’ufficio privato di Himmler nella Brown House di Monaco. Con Himmler c’era solo Martin Bormann, che nel 1941 aveva preso il posto di Rudolf Hess come vice leader del Partito Nazional Socialista dei Lavoratori Tedeschi. Hess aveva fallito la sua impresa di chiedere una pace separata agli inglesi e ora si trovava in un carcere britannico. Come successivamente Himmler sintetizzò ai suoi più fidati collaboratori: “E’ possibile che la Germania venga sconfitta sul fronte militare. E’ anche possibile che potrebbe arrendersi. Ma il Partito Nazional Socialista dei Lavoratori Tedeschi non dovrà mai arrendersi. Questo è ciò a cui noi dovremo lavorare da adesso in poi”. Questo concetto venne poi ribadito da Robert Wagner, gauleiter (capo locale) del Partito Nazista, durante una riunione che si tenne il 29 gennaio 1943 nell’ufficio di Himmler, a Monaco: “Se noi vinciamo la guerra, è il partito che la vince. Se noi perdiamo la guerra, è l’esercito che la perde”. Dieci mesi dopo, Goebbels, ministro della Propaganda nazista, ebbe a dire: “Non ha importanza che cosa possa accadere alla Germania, il Partito deve andare avanti”. Ed è questa la linea che il vertice del Partito Nazista ha portato avanti da quel momento in poi.
Fu proprio Bormann, fino ad allora semisconosciuto alle masse tedesche, l’uomo al quale venne affidata la direzione dell’operazione clandestina.
L’uomo che aprì la pista argentina del nazismo, e che portò la Spagna neutrale a diventare alleata occulta di Hitler durante la Seconda Guerra Mondiale, è stato il generale Wilhelm von Faupel. Fu lui a fondare la famigerata Falange, costituita da giovani arruolati nel Sud e Centro America, la cui organizzazione divenne il punto di riferimento per i tedeschi che riuscirono a fuggire in Argentina quando la Germania dovette arrendersi agli alleati. Si calcola che fossero già diverse migliaia gli agenti tedeschi che operavano tra la Spagna e il Sud America, mentre gli eserciti americano e russo stavano stringendo Berlino in una morsa. Nonostante in Spagna la Falange fosse conosciuta come un’organizzazione di gangster e assassini, Riess rivela che fu il conte Francisco de Jordana, allora Ministro degli Esteri spagnolo, a triplicare i finanziamenti alla Falange dai 15 milioni e 400 mila dollari del 1943 ai 47 milioni e 500 mila dollari del 1944. E tutto questo avveniva mentre alcuni giornalisti americani, amici di de Jordana, raccontavano al loro pubblico come il conte fosse “una persona tanto per bene”, che voleva sciogliere la Falange. Di fatto, nei Paesi di lingua spagnola gli interessi nazisti erano tenuti dall’Istituto Ibero-Americano di Berlino, che ebbe una funzione predominante nell’organizzazione dell’influenza tedesca in Sud America.
Fu proprio Bormann, fino ad allora semisconosciuto alle masse tedesche, l’uomo al quale venne affidata la direzione dell’operazione clandestina.
L’uomo che aprì la pista argentina del nazismo, e che portò la Spagna neutrale a diventare alleata occulta di Hitler durante la Seconda Guerra Mondiale, è stato il generale Wilhelm von Faupel. Fu lui a fondare la famigerata Falange, costituita da giovani arruolati nel Sud e Centro America, la cui organizzazione divenne il punto di riferimento per i tedeschi che riuscirono a fuggire in Argentina quando la Germania dovette arrendersi agli alleati. Si calcola che fossero già diverse migliaia gli agenti tedeschi che operavano tra la Spagna e il Sud America, mentre gli eserciti americano e russo stavano stringendo Berlino in una morsa. Nonostante in Spagna la Falange fosse conosciuta come un’organizzazione di gangster e assassini, Riess rivela che fu il conte Francisco de Jordana, allora Ministro degli Esteri spagnolo, a triplicare i finanziamenti alla Falange dai 15 milioni e 400 mila dollari del 1943 ai 47 milioni e 500 mila dollari del 1944. E tutto questo avveniva mentre alcuni giornalisti americani, amici di de Jordana, raccontavano al loro pubblico come il conte fosse “una persona tanto per bene”, che voleva sciogliere la Falange. Di fatto, nei Paesi di lingua spagnola gli interessi nazisti erano tenuti dall’Istituto Ibero-Americano di Berlino, che ebbe una funzione predominante nell’organizzazione dell’influenza tedesca in Sud America.
“NESSUNO TROVERA’ IL CORPO DI HITLER”
Ma l’avvertimento che, da tedesco, Riess fornisce agli americani nel 1944 riguarda soprattutto ciò che resterà del ricordo di Hitler in Germania. “All’interno della Germania il nome di Hitler e la memoria del suo operato non verrà lasciato morire – scrive Riess – Dimenticatevi il fatto che egli sia stato responsabile per la morte di milioni di giovani tedeschi, che egli abbia portato la Germania alla rovina e al disastro, che egli abbia trascinato il mondo indietro nella barbarie. Egli verrà ricordato come colui che ha fatto diventare la Germania il più potente paese del mondo, che in un sol colpo ha portato tutta l’Europa sotto il suo dominio, che ha acquisito il controllo di buona parte della Russia sovietica, e che inoltre ha quasi messo in ginocchio l’orgogliosa Inghilterra”.
Tanto per far comprendere di che cosa stia parlando, Riess spiega ai suoi lettori che, per molti versi, i tedeschi sono portati a paragonare Hitler a Napoleone. Cioè ad un uomo che, nonostante il suo genio militare, ha portato la Francia a guerre devastanti che hanno seminato morte e distruzione ovunque, ha ridotto il paese in rovina e lo ha fatto diventare più piccolo di quando lui lo governava. Eppure, nonostante tutto questo, Napoleone sarà sempre ricordato come un condottiero di grande successo, come un uomo che ha portato gloria e ricchezze al suo paese. “Ebbene – dice Riess – Hitler, che certamente non potrebbe essere paragonato a Napoleone, sarà ricordato esattamente per le stesse cose”.
Ma leggete adesso come Riess pronostica la fine di Hitler: “Dal momento che è probabile che Hitler morirà nel Nido dell’Aquila (il suo rifugio sulle Alpi bavaresi n.d.r.), il suo corpo potrebbe non essere mai trovato. Inoltre anche se egli dovesse finire i suoi giorni in un modo meno spettacolare, dopo ci sarà sempre la diceria che non fosse Hitler a essere morto bensì un suo sosia o qualcuno che si trovava sul posto. E che il corpo di Hitler non è mai stato trovato. Nella storia della Germania si conoscono molti casi di eroi i cui corpi non sono mai stati trovati. Questo aiuta i tedeschi a sognare di simili eroi che dormono da qualche parte dentro una montagna, forse aspettando il giorno in cui verranno fuori di nuovo. Credo di cogliere nel segno dicendo che ci sarà una tale leggenda su Hitler e durerà a lungo”.
In effetti, il corpo di Hitler non è mai stato trovato e ancora oggi, siamo nel 2019, non abbiamo alcuna notizia certa a questo riguardo.
Tanto per far comprendere di che cosa stia parlando, Riess spiega ai suoi lettori che, per molti versi, i tedeschi sono portati a paragonare Hitler a Napoleone. Cioè ad un uomo che, nonostante il suo genio militare, ha portato la Francia a guerre devastanti che hanno seminato morte e distruzione ovunque, ha ridotto il paese in rovina e lo ha fatto diventare più piccolo di quando lui lo governava. Eppure, nonostante tutto questo, Napoleone sarà sempre ricordato come un condottiero di grande successo, come un uomo che ha portato gloria e ricchezze al suo paese. “Ebbene – dice Riess – Hitler, che certamente non potrebbe essere paragonato a Napoleone, sarà ricordato esattamente per le stesse cose”.
Ma leggete adesso come Riess pronostica la fine di Hitler: “Dal momento che è probabile che Hitler morirà nel Nido dell’Aquila (il suo rifugio sulle Alpi bavaresi n.d.r.), il suo corpo potrebbe non essere mai trovato. Inoltre anche se egli dovesse finire i suoi giorni in un modo meno spettacolare, dopo ci sarà sempre la diceria che non fosse Hitler a essere morto bensì un suo sosia o qualcuno che si trovava sul posto. E che il corpo di Hitler non è mai stato trovato. Nella storia della Germania si conoscono molti casi di eroi i cui corpi non sono mai stati trovati. Questo aiuta i tedeschi a sognare di simili eroi che dormono da qualche parte dentro una montagna, forse aspettando il giorno in cui verranno fuori di nuovo. Credo di cogliere nel segno dicendo che ci sarà una tale leggenda su Hitler e durerà a lungo”.
In effetti, il corpo di Hitler non è mai stato trovato e ancora oggi, siamo nel 2019, non abbiamo alcuna notizia certa a questo riguardo.
UNA BANCA EXTRATERRITORIALE
Un’altra rivelazione di rilievo di Riess riguarda una banca fondata da finanzieri internazionali che, guerra o non guerra, continuavano i loro traffici a prescindere da quali fossero le parti belligeranti in causa. Si tratta della Bank for Internazional Settlements (Banca per gli Accordi Internazionali) di Basilea, in Svizzera, creata nel 1930 come parte di un Young Plan (secondo la definizione di Wikipedia: “Il piano Young, che sostituì il piano Dawes, è un piano di natura economica sulle riparazioni di guerra da parte della Germania dopo la prima guerra mondiale; è possibile definirlo come la ‘fine di ogni pregiudizio politico’ nella questione delle riparazioni”) di Stati Uniti, Inghilterra, Germania, Francia, e praticamente tutti gli altri Paesi europei, inclusi Lituania, e Albania. Lo scopo di questa banca era gestire il servizio prestiti connesso con questo tipo di accordi. Non per nulla, la banca si dichiarò subito extraterritoriale in modo da poter avere le mani libere in qualunque transazione finanziaria. Insomma, gli affari sono sempre affari, a prescindere da eventuali conflitti bellici o disaccordi politici internazionali.
In effetti, nel maggio del 1943, a qualche mese dalla sconfitta di Stalingrado, i principali industriali e finanzieri tedeschi si riunirono nello Chateau Huegel, vicino a Essen, casa dei Krupps, per fare il punto della situazione e decidere come fare a prendere le distanze dai nazisti. Ovviamente essi erano stati tutti favorevoli a Hitler in quanto li aveva liberati dagli scioperi dei lavoratori, aveva loro abbassato le tasse e li aveva fatti arricchire con il programma di riarmamento che aveva reso la Germania uno dei Paesi più armati del mondo. Il problema è che gli uomini d’affari sapevano che la sconfitta sarebbe stata imminente e quindi dovevano pensare ad un futuro senza l’ombrello protettore della svastica. A guerra finita, quasi tutti tornarono alle attività di sempre, senza conseguenze. A parte certe condanne esemplari, alcune delle quali ridimensionate in appello, di fatto coloro che permisero la guerra di Hitler continuarono come sempre avevano fatto.
Lasciamo dunque il passato e veniamo a tempi più recenti, ed esattamente al 2008, con l’analisi di Jim Marrs. Il giornalista americano focalizza la sua attenzione sulla figura di Martin Bormann, colui che di fatto costruì l’impero industriale clandestino di Hitler e camerati.
In effetti, nel maggio del 1943, a qualche mese dalla sconfitta di Stalingrado, i principali industriali e finanzieri tedeschi si riunirono nello Chateau Huegel, vicino a Essen, casa dei Krupps, per fare il punto della situazione e decidere come fare a prendere le distanze dai nazisti. Ovviamente essi erano stati tutti favorevoli a Hitler in quanto li aveva liberati dagli scioperi dei lavoratori, aveva loro abbassato le tasse e li aveva fatti arricchire con il programma di riarmamento che aveva reso la Germania uno dei Paesi più armati del mondo. Il problema è che gli uomini d’affari sapevano che la sconfitta sarebbe stata imminente e quindi dovevano pensare ad un futuro senza l’ombrello protettore della svastica. A guerra finita, quasi tutti tornarono alle attività di sempre, senza conseguenze. A parte certe condanne esemplari, alcune delle quali ridimensionate in appello, di fatto coloro che permisero la guerra di Hitler continuarono come sempre avevano fatto.
Lasciamo dunque il passato e veniamo a tempi più recenti, ed esattamente al 2008, con l’analisi di Jim Marrs. Il giornalista americano focalizza la sua attenzione sulla figura di Martin Bormann, colui che di fatto costruì l’impero industriale clandestino di Hitler e camerati.
BORMANN LO SPIETATO
Nato nel 1900 a Halberstadt, nella Germania centrale, Bormann era figlio di un sergente di cavalleria, che più tardi divenne funzionario statale. Il giovane Martin non era propriamente un intellettuale: lasciò la scuola dopo aver frequentato un anno delle superiori e subito si arruolò nell’esercito dove servì come artigliere durante la Prima Guerra Mondiale. Tornato dalla guerra, Bormann aderì al movimento di estrema destra Freikorps e finì per un anno in prigione, in quanto aveva preso parte all’omicidio di un suo ex maestro delle elementari accusato di aver tradito un capo locale del Partito Nazista, durante l’occupazione francese della Ruhr. Uscito dalla prigione di Leipzig, Borman entrò nel Partito Nazional Socialista arrivando pian piano fino alla vetta, come segretario di Hitler. Di lui il Fuhrer diceva: “Lo so che è brutale, ma quello che lui inizia lo porta sempre a termine. Io posso assolutamente contare su questo. Con la sua spietatezza e brutalità egli si assicura sempre che i miei ordini siano portati a termine”. Il 10 agosto del 1944 Bormann convocò tutti i principali uomini d’affari tedeschi e i vertici del Partito Nazista all’Hotel Maison Rouge di Strasburgo. Secondo i verbali in seguito rinvenuti di quella riunione, lo scopo di Bormann era che “l’economia del Terzo Reich fosse proiettata verso un itinerario di ricerca profitti nel dopoguerra”. Questo percorso era conosciuto come Aktion Adlerflug o Operation Eagle Flight (Operazione volo dell’aquila). Non era altro che la continuazione del Nazional Socialismo attraverso il massiccio trasferimento di denaro, oro, azioni, obbligazioni, progetti, diritti d’autore e persino specialisti tecnici dalla Germania. Fu un emissario di Bormann, l’SS Obergruppenfueher Dottor Scheid, direttore del gruppo industriale Hermadorff & Schenburg Company, a spiegare ad un suo attendente lo scopo di quella riunione: “L’industria tedesca deve comprendere che la guerra adesso non può essere vinta, e quindi devono essere fatti i passi necessari per realizzare una campagna commerciale nel dopoguerra che possa assicurare in tempo la ripresa economica della Germania”. E aggiunse: “Dopo la sconfitta della Germania, il Partito Nazista sarà costretto a prendere atto che alcuni dei suoi più conosciuti leader vengano condannati come criminali di guerra. Comunque, in collaborazione con gli industriali, faremo in modo che una parte meno cospicua ma più importante dei suoi membri venga sistemata in diverse fabbriche tedesche, come esperti tecnici o membri dei loro uffici strategici”.
UN IMPERO TEDESCO OCCULTO
Come parte del suo piano, Bormann, con l’aiuto delle SS, della sede centrale della Deutsche Bank, dell’impero siderurgico di Fritz Tissen, nonché del potente I.G. Farben (grande azienda chimica tedesca i cui responsabili finiranno sul banco degli imputati nel processo di Norimberga per crimini di guerra n.d.r.), creò 750 società internazionali, delle quali 58 in Portogallo, 112 in Spagna, 233 in Svezia, 214 in Svizzera, 35 in Turchia e 98 in Argentina.
Secondo Paul Manning, giornalista della CBS Radio durante la Seconda Guerra Mondiale, e autore del libro “Martin Bormann: un Nazista in Esilio”, “Bormann utilizzava qualunque mezzo conosciuto per mascherare la sua proprietà e lo scopo delle operazioni: uso di nomi fittizi, opzioni contrattuali, patti consortili, girate in bianco, conti bancari presso terzi, pegni, prestiti con garanzia, diritti d’opzione, contratti di gestione operativa, contratti di servizio, accordi di brevetto, cartelli interbancari, e procedure per la trattenuta alla fonte”. Da notare che tutte le copie delle transazioni eseguite e persino i rapporti di settore venivano conservati e successivamente inviati agli archivi di Bormann in Sud America.
Marrs racconta che Bormann utilizzava le strategie che aveva imparato da Hermann Schmitz, presidente della I.G. Farben. I nomi di diverse aziende commerciali e società internazionali venivano cambiati e alternati allo scopo di creare confusione circa la proprietà. Per esempio, la I.G. Chemie divenne Societe Internationale pour Partecipations Industrielles et Commerciales SA; mentre in Svizzera la stessa organizzazione era conosciuta come International Industrie und Handdelsbeteiligungen AG, o Interhandel. Un’altra tecnica usata da Bormann consisteva nello scegliere un cittadino compiacente del Paese dove si intendeva operare nominandolo a capo di una data società internazionale. Nello stesso tempo, però, i direttori sarebbero stati un miscuglio di amministratori tedeschi e funzionari di banca. I responsabili delle amministrazioni gestionali sarebbero stati scienziati e tecnici tedeschi. La reale proprietà delle società internazionali sarebbe comunque stata di nazisti che possedevano obbligazioni al portatore, come prova della proprietà azionaria. Questi individui, pubblicamente, erano mantenuti nell’ombra. E c’è da dire che le nazioni dove queste società internazionali venivano costituite, vedevano di buon occhio e apprezzavano il lavoro di Bormann e camerati, visto che aumentavano l’occupazione locale e miglioravano la bilancia commerciale. Da tutto questo si può comprendere perché nel dopoguerra nessuno si prese la briga di andare ad indagare sulle attività dei nazisti all’estero. Ma la parte più sconvolgente, che spiega il comportamento degli Stati Uniti in questo contesto, riguarda il coinvolgimento dei capitalisti americani negli affari tedeschi prima, durante e dopo la guerra.
Secondo Paul Manning, giornalista della CBS Radio durante la Seconda Guerra Mondiale, e autore del libro “Martin Bormann: un Nazista in Esilio”, “Bormann utilizzava qualunque mezzo conosciuto per mascherare la sua proprietà e lo scopo delle operazioni: uso di nomi fittizi, opzioni contrattuali, patti consortili, girate in bianco, conti bancari presso terzi, pegni, prestiti con garanzia, diritti d’opzione, contratti di gestione operativa, contratti di servizio, accordi di brevetto, cartelli interbancari, e procedure per la trattenuta alla fonte”. Da notare che tutte le copie delle transazioni eseguite e persino i rapporti di settore venivano conservati e successivamente inviati agli archivi di Bormann in Sud America.
Marrs racconta che Bormann utilizzava le strategie che aveva imparato da Hermann Schmitz, presidente della I.G. Farben. I nomi di diverse aziende commerciali e società internazionali venivano cambiati e alternati allo scopo di creare confusione circa la proprietà. Per esempio, la I.G. Chemie divenne Societe Internationale pour Partecipations Industrielles et Commerciales SA; mentre in Svizzera la stessa organizzazione era conosciuta come International Industrie und Handdelsbeteiligungen AG, o Interhandel. Un’altra tecnica usata da Bormann consisteva nello scegliere un cittadino compiacente del Paese dove si intendeva operare nominandolo a capo di una data società internazionale. Nello stesso tempo, però, i direttori sarebbero stati un miscuglio di amministratori tedeschi e funzionari di banca. I responsabili delle amministrazioni gestionali sarebbero stati scienziati e tecnici tedeschi. La reale proprietà delle società internazionali sarebbe comunque stata di nazisti che possedevano obbligazioni al portatore, come prova della proprietà azionaria. Questi individui, pubblicamente, erano mantenuti nell’ombra. E c’è da dire che le nazioni dove queste società internazionali venivano costituite, vedevano di buon occhio e apprezzavano il lavoro di Bormann e camerati, visto che aumentavano l’occupazione locale e miglioravano la bilancia commerciale. Da tutto questo si può comprendere perché nel dopoguerra nessuno si prese la briga di andare ad indagare sulle attività dei nazisti all’estero. Ma la parte più sconvolgente, che spiega il comportamento degli Stati Uniti in questo contesto, riguarda il coinvolgimento dei capitalisti americani negli affari tedeschi prima, durante e dopo la guerra.
I NAZISTI SBARCANO A WALL STREET
Come spiega Marrs, nel 1941, 171 società internazionali americane avevano più di 420 milioni di dollari investiti in società tedesche. Dopo che la guerra venne dichiarata, Bormann, che aveva già basi operative in Paesi neutrali come Svizzera e Argentina, acquistò azioni americane attraverso il mercato dei cambi internazionali presso le sedi della Deutsche Bank e Swiss Bank di Buenos Aires. Ingenti conti correnti vennero inoltre aperti nelle maggiori banche di New York, incluse National City Bank (adesso Citybank), Chase (adesso JP Morgan Chase), Manufacturers and Hanover (adesso parte della JP Morgan Chase), Morgan Guaranty, e Irving Trust (adesso parte della Bank of New York). Al convegno già citato di Strasburgo, Scheid citò diverse società americane che erano state molto utili alla Germania in passato. A causa di obblighi contrattuali da brevetto, la United States Steel, la American Steel and Wire e la National Tube avevano lavorato in congiunzione con l’impero Krupp, l’industria costruttrice delle armi pesanti del Terzo Reich. Sempre Scheid disse che anche che la Zeiss Company, la Leica Company e la Hamburg-Amerika line erano tra le società più attive nel difendere gli interessi nazisti. La struttura operativa creata da Bormann, che negli affari usava il nome di Max Heiliger, creò non poche perplessità anche a funzionari del governo americano come Orvis A. Schmidt, direttore del controllo dei fondi stranieri presso l’US Treasury Department (il Ministero del Tesoro USA), che nel 1945 espose i suoi dubbi circa gli effetti che i capitali stranieri potevano avere sulle industrie di ferro, acciaio, carbone e prodotti chimici. Le indagini di Schmidt portarono alla scoperta che la I.G. Farben, capofila del programma di fuga dei capitali nazisti, manteneva interessi in 700 società in tutto il mondo. Ma questo totale non comprendeva né i 93 Paesi dove la Farben aveva regolari strutture operative, e neppure le 750 società internazionali create da Bormann. Inoltre, Schmidt denunciò che nel campo dei prodotti farmaceutici le società tedesche Bayer, Merk e Schering avevano un monopolio virtuale nel Centro e Sud America. Altre società tedesche come la Tubos Mannesmann, Ferrostaal, AEG e Siemens-Schckert giocavano un ruolo dominante nei campi delle costruzioni, elettrico e ingegneristico. Insomma, un nuovo impero tedesco si stava formando nel Nuovo Mondo. Tra l’altro proprio la Siemens tra il 2007 e il 2008 è finita nel dossier dei Panama Papers per un’operazione poco chiara di centinaia di milioni di euro (si parla di fondi neri) in America Latina.
Bormann, però, era attivo anche nel Vecchio Mondo, cioè in Europa.
Bormann, però, era attivo anche nel Vecchio Mondo, cioè in Europa.
IL TESORO SCOMPARSO
Secondo “The Guinness Book of World Records”, cioè Il libro Guinness dei Primati Mondiali, la più grande e irrisolta rapina bancaria di tutti i tempi fu la sparizione dell’intero tesoro della Germania, alla fine della guerra. Che fine fece tutto l’oro dello Stato tedesco? I sospetti si concentrarono sulla Svizzera, anche se gli svizzeri si preoccuparono di rispondere subito a questi dubbi dichiarando di aver mantenuto la loro neutralità durante la guerra. Di fatto, comunque, la maggior parte di quelle tonnellate d’oro non venne mai ritrovata e tutto lascia pensare che l’ingentissimo tesoro sia servito per finanziare ulteriormente le società di Bormann.
Molto più chiari sono i rapporti intercorsi tra i finanzieri americani e i nazisti in clandestinità. Secondo John Loftus, pubblico ministero dell’US Department of Justice Nazi War Crimes (Ministero della Giustizia per i Crimini di Guerra Nazisti), molte delle ricchezze della Germania sono state trasferite dal banchiere Fritz Thyssen nella sua banca in Olanda, la quale li ha poi passati alla Union Banking Corporation (UBC) di New York, posseduta dalla stessa banca olandese. Da notare che a quel tempo Loftus era presidente del Florida Holocaust Museum (Museo dell’Olocausto in Florida) e autore di alcuni libri sulla connessione tra la CIA e i nazisti, inclusi “The Belarus Secret” (Il Segreto Belarus) e “The Secret War Against the Jews” (La Guerra Segreta Contro gli Ebrei).
Molto più chiari sono i rapporti intercorsi tra i finanzieri americani e i nazisti in clandestinità. Secondo John Loftus, pubblico ministero dell’US Department of Justice Nazi War Crimes (Ministero della Giustizia per i Crimini di Guerra Nazisti), molte delle ricchezze della Germania sono state trasferite dal banchiere Fritz Thyssen nella sua banca in Olanda, la quale li ha poi passati alla Union Banking Corporation (UBC) di New York, posseduta dalla stessa banca olandese. Da notare che a quel tempo Loftus era presidente del Florida Holocaust Museum (Museo dell’Olocausto in Florida) e autore di alcuni libri sulla connessione tra la CIA e i nazisti, inclusi “The Belarus Secret” (Il Segreto Belarus) e “The Secret War Against the Jews” (La Guerra Segreta Contro gli Ebrei).
SPUNTA IL NONNO DI BUSH
Le rivelazioni di Marrs non finiscono qui. Due grandi finanzieri americani che hanno sostenuto Hitler e hanno fatto parte del consiglio di amministrazione della Union Banking Corporation erano George Herbert Walker e suo genero Prescott Bush, padre di George H. W. Bush (morto il primo dicembre 2018) e nonno dell’ultimo ex Presidente George W. Bush. Gli avvocati utilizzati per consolidare questo rapporto sono stati John Foster Dulles e suo fratello Allen. John più tardi divenne Segretario di Stato sotto il Presidente Dwight E. Eisenhover, mentre Allen è stato per lungo tempo direttore della CIA, prima di essere licenziato dal Presidente John F. Kennedy nel 1961. Entrambi i fratelli facevano comunque parte del famigerato Council on Foreign Relations (Consiglio sulle Relazioni Straniere). Da notare che il 20 ottobre 1942 l’US Office Alien Property Custodian (US Ufficio Custode per le Proprietà Straniere), operante sotto il “The Trading With the Enemy Act” (Atto sul Commercio con il nemico), protocollato come US Gorvernment Vesting Order N°248, sequestrò le azioni della UBC con l’accusa che la banca stava finanziando Hitler. Inoltre il governo americano sequestrò anche le proprietà di Bush nella linea marittima Hamburg-America, sostenendo che era stata usata per trasportare materiali di propaganda nazista e armi. Un’altra società usata per trasferire denaro ai nazisti, scrive sempre Marrs, era la Holland American Trading Company, consociata con la UBC. “La connessione olandese – scrive Marrs – lega i Bush e il denaro dei Nazisti direttamente con l’ex ufficiale SS e fondatore del Bilderberg Group, Principe Bernardo d’Olanda, che a suo tempo era stato segretario del consiglio di amministrazione della I.G. Farben, con connessioni molto vicine alla Dutch Bank. Loftus notava, “Thyssen non aveva alcun bisogno di conti correnti su banche straniere perché la sua famiglia segretamente possedeva un’intera catena di banche. Egli non doveva trasferire i suoi beni nazisti alla fine della Seconda Guerra Mondiale, tutto quello che doveva fare è trasferire i documenti di proprietà – fondi, obbligazioni, azioni, crediti – dalla sua banca di Berlino attraverso la sua banca in Olanda ai suoi amici americani di New York: Prescott Bush e Herbert Walker. I soci di Thyssen nel crimine erano il padre e il suocero di un futuro Presidente degli Stati Uniti”.
La complicità in questo genere di affari era comunque estesa in terra americana. Marrs aggiunge che uno dei maggiori azionisti della UBC era E. Roland Harriman, figlio di Edward H. Harriman, che era stato uno dei primi e più importanti mentori di Prescott Bush. Anche un altro figlio, Averell Harriman, era azionista della UBC. Egli venne nominato ambasciatore nell’Unione Sovietica dal Presidente Roosevelt nel 1943 e partecipò a tutte le maggiori conferenze durante il periodo bellico. Averell più tardi divenne ambasciatore in Gran Bretagna, ministro del Commercio e governatore dello Stato di New York. Entrambi i fratelli Harriman erano stati membri della società segreta dell’Università di Yale Skull and Bones (Teschio e ossa) ed erano strettamente connessi ai globalisti del Council on Foreign Relations. Averell, fa notare Marrs, era stato anche uno stretto consigliere del Presidente Lyndon Johnson.
Non è finita. Il 17 novembre 1942 le autorità statunitensi confiscarono la Silesian American Corporation, gestita da Prescott Bush e suo suocero George Herbert Walker, e accusarono l’azienda di essere una società di facciata per fornire il carbone vitale per la Germania. Tuttavia, si domanda Marrs, come mai Prescott Busch non è più stato incriminato per i suoi rapporti con i nazisti? Questo, risponde l’autore, probabilmente dipende dal fatto che il patriarca Bush “era stato determinante per aver creato nel 1941 la United Service Organizzation”, un ente molto stimato da tutti i combattenti nelle guerre che si sono avvicendate nel futuro.
“La storia di Prescott Bush e dei fratelli Brown Harriman è una prefazione alla storia reale del nostro paese – disse l’editore e storico Edward Boswell – Essa spiega i motivi producenti denaro che stanno dietro alla nostra politica estera, andando indietro di un intero secolo. L’abilità di Prescott Bush e degli Harriman di seppellire il loro accertato passato rivela anche la collusione tra Wall Street e i media, che esiste ancora ai nostri giorni”.
La complicità in questo genere di affari era comunque estesa in terra americana. Marrs aggiunge che uno dei maggiori azionisti della UBC era E. Roland Harriman, figlio di Edward H. Harriman, che era stato uno dei primi e più importanti mentori di Prescott Bush. Anche un altro figlio, Averell Harriman, era azionista della UBC. Egli venne nominato ambasciatore nell’Unione Sovietica dal Presidente Roosevelt nel 1943 e partecipò a tutte le maggiori conferenze durante il periodo bellico. Averell più tardi divenne ambasciatore in Gran Bretagna, ministro del Commercio e governatore dello Stato di New York. Entrambi i fratelli Harriman erano stati membri della società segreta dell’Università di Yale Skull and Bones (Teschio e ossa) ed erano strettamente connessi ai globalisti del Council on Foreign Relations. Averell, fa notare Marrs, era stato anche uno stretto consigliere del Presidente Lyndon Johnson.
Non è finita. Il 17 novembre 1942 le autorità statunitensi confiscarono la Silesian American Corporation, gestita da Prescott Bush e suo suocero George Herbert Walker, e accusarono l’azienda di essere una società di facciata per fornire il carbone vitale per la Germania. Tuttavia, si domanda Marrs, come mai Prescott Busch non è più stato incriminato per i suoi rapporti con i nazisti? Questo, risponde l’autore, probabilmente dipende dal fatto che il patriarca Bush “era stato determinante per aver creato nel 1941 la United Service Organizzation”, un ente molto stimato da tutti i combattenti nelle guerre che si sono avvicendate nel futuro.
“La storia di Prescott Bush e dei fratelli Brown Harriman è una prefazione alla storia reale del nostro paese – disse l’editore e storico Edward Boswell – Essa spiega i motivi producenti denaro che stanno dietro alla nostra politica estera, andando indietro di un intero secolo. L’abilità di Prescott Bush e degli Harriman di seppellire il loro accertato passato rivela anche la collusione tra Wall Street e i media, che esiste ancora ai nostri giorni”.
Per gli storici, resterebbe la documentazione che si è accumulata con le indagini giudiziarie che si sono svolte nel corso degli anni. In questo caso, però, è’ intervenuto “miracolosamente” il destino. Infatti tutti i documenti erano contenuti negli archivi della Securities and Exchange Commission (SEC) la cui sede si trovava nella World Trade Center 7, la terza torre caduta da sola nel pomeriggio dell’11 Settembre 2001, senza essere stata colpita da alcun aereo. La WTC7 si trovava a oltre 150 metri dalle altre due, colpite dagli aerei e cadute su se stesse uccidendo quasi tremila persone innocenti. In quegli archivi, ha ammesso la SEC, c’era la documentazione completa di oltre settemila processi, tra i quali quelli relativi al nonno di Bush. Tutto è andato distrutto e ancora oggi esistono non poche polemiche su come mai quella torre di 47 piani, alta 173,7 metri, sia crollata in quel modo, come un castello di carte. Enigmi della storia…
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