Non solo i misteri del gruppo ENI all’epoca guidato da Eugenio Cefis.
Ma anche i segreti della strage di piazza Fontana, sulla reale identità dei mandanti politici della tappa più criminale e sanguinaria nella strategia della tensione che ha massacrato il nostro Paese.
E oggi tre partecipanti all’omicidio di Pier Paolo Pasolini ancora vivi, vegeti e soprattutto a piede libero, mai sfiorati nemmeno da un’indagine sul DNA.
Questo e molto altro sull’Italia dei Servizi deviati, degli affari vaticani, dell’eversione fascista, nel fresco di stampa “L’inchiesta spezzata”, autrice Simona Zecchi, autentica giornalista d’inchiesta, una delle poche in circolazione da noi, con un’informazione del tutto omologata, appiattita e cloroformizzata.
UN DEPISTAGGIO SCIENTIFICO
Simona Zecchi. In apertura Pier Paolo Pasolini e, sullo sfondo, la strage di Piazza Fontana
Sullo sfondo c’è il caso Pasolini, quell’omicidio di 45 anni fa all’Idroscalo di Ostia, un’inchiesta che ha fatto sempre acqua da tutte le parti, un depistaggio continuo. Una sentenza che ha individuato un solo colpevole, quel Pino Pelosi che non può più parlare.
L’inchiesta su quella tragedia è stata riaperta tre anni fa, grazie ad una perizia proprio sul DNA che ha accertato la presenza, sul luogo del delitto, non solo del regista e di Pino Pelosi, ma di altri due individui misteriosi.
La perizia è stata voluta dal legale dei familiari di Pasolini, Stefano Maccioni.
Ma da allora – sono trascorsi tre anni – niente si è mosso. Neanche una foglia. Nell’inchiesta della Voce in basso, potete leggere i dettagli di quella riapertura farlocca.
C’è da sperare che adesso il libro-bomba di Simona Zecchi possa servire a ridar fiato a quella inchiesta: essendo zeppo di fatti, carte, documenti, connection da far tremare le vene ai polsi, più che sufficienti per rivitalizzare un’inchiesta altrimenti già in fase di archiviazione.
Sottolinea l’autrice: “Ci sono tutte le basi per riaprire l’inchiesta. E forse anche per riconsiderare la riapertura di quella su piazza Fontana. Basi criminali sostanziali e contestuali, alla presenza del movente che emerge in questo lavoro. E sarebbe ora che si aprisse una Commissione parlamentare d’inchiesta, come si è più volte tentato di fare. Ma che sia una vera indagine politica e criminale: lo Stato deve prendersi la responsabilità di processare sè stesso. Forse è impossibile, l’ultima Commissione sul Caso Moro purtroppo lo ha dimostrato. Un’eccezione invece è stata la Commissione sul caso Moby Prince, che ha dato modo alla magistratura di riaprire le indagini”.
Ma vediamo, in rapida carrellata, alcune tra le novità che emergono dal libro.