Edward Snowden aveva ragione.
Lo ha deciso una Corte federale degli Stati Uniti dopo anni di persecuzioni nei confronti del giovane informatico che scoprì magagne e affari sporchi della CIA e degli ambienti militari della sicurezza americana.
La sentenza, infatti, stabilisce che il programma di sorveglianza della National Security Agency, in base al quale venivano raccolte montagne di dati dalle telefonate intercettate dei cittadini, era del tutto illegale e incostituzionale.
Una giuria composta da tre giudici della Corte d’Appello del Nono circuito, in particolare, ha appurato che il programma – rivelato nel 2013 da Snowden – violava in modo palese le leggi sulla sorveglianza degli Usa e può aver violato il quarto emendamento della Costituzione a stelle e strisce. Un fatto gravissimo.
Snowden all’epoca lavorava alle dipendenze della National Security Agency e, pur giovanissimo, era già un grande esperto informatico. Per evitare le galere americane si rifugiò in una località segreta della Russia.
Ora ricorda sul suo account Twitter che sette anni fa, quanto è stato “accusato di essere un criminale per aver detto la verità” non avrebbe mai immaginato “che sarebbe vissuto fino a vedere i tribunali americani condannare le attività della NSA come illegali, e che la stessa sentenza gli attribuisce il merito di averle scoperte e segnalate”.
“La Corte ha ritenuto che il programma fosse illegale e inefficace”, scrive Snowden in un altro tweet in cui assicura che “la sentenza del tribunale ribalta le vecchie difese della sorveglianza di massa”.
Una sorveglianza oggi più che mai drammaticamente attuale, con le minacce di Bill Gates e di Elon Musk di voler “microchippare” i cervelli dei cittadini, con il pretesto del tracciamento per il Covid. Al fine di ottenere un controllo globale su tutti.
In apertura Edward Snowden