Ci sono voluti quasi 50 anni per conoscere il contenuto di quattro bollenti informative firmate nel 1971 dal generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e dal commissario di polizia Boris Giuliano, trucidati poi dalla “mafia”.
In quei documenti erano rappresentate le convinzioni, di tutta evidenza suffragate anche da prove, che dietro ai grandi omicidi di mafia ci fossero ben altre menti e, soprattutto, ben altri mandanti. Rimasti per mezzo secolo a volto coperto.
Adesso la verità viene a galla tramite quei rapporti, che la Commissione Antimafia solo ora rende noti.
Sorge subito spontanea la domanda. Perché tanto stupore? Non era noto a tutti, se non da 50 almeno da 30 anni, che la mafia è sempre stata la manovalanza, il braccio armato di certo potere politico? Che omicidi e stragi dei quali in alcuni casi sono stati trovati solo gli esecutori materiali, siano state in realtà volute a ben altri, e alti, livelli?
I rapporti, in particolare, riguardano gli omicidi del giornalista dell’Ora di Palermo Mauro De Mauro e del procuratore della repubblica Pietro Scaglione.
Il primo (che era a conoscenza di elementi strategici sull’assassinio del presidente dell’Eni Enrico Mattei) venne ucciso da Leoluca Bagarella il 21 luglio 1979; mentre il secondo da un commando di Cosa nostra il 3 settembre 1982, quando ricopriva la carica di prefetto a Palermo.
Nelle carte fanno capolino anche gli atti dinamitardi che si verificarono a Palermo nella notte del Capodanno 1971.
Ecco viene scritto in un dossier: “Fatti che non hanno precedenti nelle manifestazioni criminose dell’isola, perché paiono talmente aberranti da far ritenere che si agitino o si occultino a monte degli esecutori materiali grossissimi interessi ai quali non sarebbero estranei ambienti e personaggi legati al mondo politico ed economico-finanziario e che, in forma più o meno occultata, hanno fatto ricorso, dal dopoguerra in poi, a sodalizi di mafia per conseguire iniziali affermazioni nei più svariati settori, per garantire quanto via via acquisito, per speculare sugli ulteriori locupletamenti”.
Sorge spontaneo il gigantesco interrogativo: come mai la magistratura è stata solo (nel migliore dei casi) a guardare, ben conoscendo anch’essa quanto denunciato 50 anni fa da Dalla Chiesa e Giuliano?
Perché sono dovuti morire (fino ad oggi) invano due eroi come Paolo Borsellino e Giovanni Falcone?
Perché un muro di gomma lungo mezzo secolo?