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Magliano de' Marsi, comune della Marsica in provincia di L'Aquila (Unofficial Website)
giovedì 28 marzo 2019
Blog Emanuela Orlandi: “Emanuela Orlandi vittima di corruzione sessuale in Vaticano”. Intervista ad Alessandro Meluzzi
mercoledì 27 marzo 2019
La vedova di Chichiarelli: “Mio marito è stato ucciso perché sapeva”
di Raffaella Fanelli
“Ho visto mazzette e mazzette di soldi sparpagliate sul tavolo della sala… c’era una quantità enorme di banconote. E ho capito che Tony si era messo nei guai”. Chiara Zossolo è la vedova di Antonio Chichiarelli, il falsario coinvolto nelle vicende più oscure della nostra Repubblica. “Per lui era solo lavoro. Per gli altri, quelli che si sono serviti del suo talento, erano depistaggi. Mio marito è entrato in una storia sporca che non è riuscito a gestire”. La storia sporca del sequestro Moro. Del falso comunicato numero 7 attribuito alle Br ma in realtà confezionato da chi avrebbe dovuto salvare la vita dello statista. “Quando riportarono in televisione la notizia del lago della Duchessa, Tony sorrideva. Era riuscito a prendere in giro tutti. Il suo comunicato era perfetto, come i suoi quadri”. Per ben quarantotto ore polizia, carabinieri, esercito e vigili del fuoco setacciarono la zona e i fondali del lago della Duchessa, uno specchio d’acqua al confine tra Abruzzo e Lazio alla ricerca del corpo di Aldo Moro. L’Italia intera si fermò. In attesa. Ma il comunicato non era delle Brigate Rosse bensì di Tony Chichiarelli. “Mi disse che si era trattato di uno scherzo, che aveva scritto un comunicato brigatista falso per far correre la polizia su quel lago. Me lo confessò mentre la tv trasmetteva la notizia… e il lago della Duchessa è vicino a Magliano dei Marsi, il paese natale di Tony. In seguito, capii che si trattava di un lavoro commissionato”. Da chi, lo rivelerà anni più tardi Steve Pieczenik, all’epoca capo dell’ufficio per la gestione del terrorismo internazionale del Dipartimento di Stato americano e uomo di fiducia di Henry Kissinger, chiamato a far parte del comitato di esperti istituito da Francesco Cossiga per far fronte all’emergenza. Steve Pieczenik, nel 2007, molto tempo dopo il caso Moro, dichiarerà che la sceneggiata era stata organizzata dai servizi segreti su suggerimento dell’unità di crisi capitanata da Cossiga. Di fatto quel falso comunicato servì a distogliere l’attenzione delle forze dell’ordine da Roma e questo consentì ai brigatisti di spostare Moro da una prigione all’altra.
Perché suo marito Antonio Chichiarelli si prestò a questa tragica farsa?
“Si trattò di un lavoro come un altro, commissionato e retribuito. Diverso da quello che era abituato a fare. Peraltro richiesto da gente perbene”.
A sapere tutto del falso comunicato e della scoperta “pilotata” di via Gradoli, era Mino Pecorelli che scrisse del sequestro Moro come di “una delle più grosse operazioni politiche compiute in un paese integrato nel sistema occidentale con l’obiettivo primario di allontanare il Pci dall’area del potere”. Su Op pubblicò in anticipo alcune lettere del leader democristiano. Da chi le aveva ottenute? Nel numero dell’11 aprile scrisse: “Veniamo informati da canali autorevoli che il Vaticano ha effettuato l’inizio concreto delle trattative”. Trattative smentite allora dalle fonti ufficiali e confermate solo nei primi anni ’90. Come lo aveva saputo? Il 18 aprile Pecorelli preannunciò la maledizione di Moro: “Il mio sangue ricada sulle teste di Cossiga e Zaccagnini”. Nel gennaio del 1979 accennò a Gladio e titolò “Vergogna buffoni!”, rivelando su Op quello che sarà scoperto soltanto anni più tardi: la presenza nel comitato d’emergenza dell’esperto americano Steve Pieczenik.
Antonio Chichiarelli le ha mai parlato del giornalista? Le disse di un loro incontro?
“Pecorelli non l’ho mai visto e non so se conoscesse o meno mio marito. Ma Tony rimase molto turbato dall’omicidio, lo apprezzava come giornalista perché denunciava le malefatte dei politici. E comunque a casa nostra non c’è mai stato, ricordo, invece, un uomo strano che venne a trovare Tony, mesi prima dell’omicidio Pecorelli. Era uno che parlava diverse lingue”.
Cosa sa del borsello lasciato sul taxi?
“Vidi mentre confezionava quelle schede… era arrabbiato per la morte del giornalista. Le aveva scritte di notte, non voleva farsi vedere da me. Sapeva che avremmo litigato, che ero contraria a quello che faceva e alle persone che frequentava”.
Il 14 aprile del 1979 due studenti americani trovarono un borsello di cuoio marrone sul sedile posteriore di un taxi. All’interno c’era un Beretta calibro 9 con caricatore vuoto, 11 proiettili calibro 7.65, una testina Ibm contrassegnata dalla sigla Light Italic 12 (stesso carattere usato dai brigatisti nei loro comunicati durante il sequestro Moro e stesso carattere usato da Chichiarelli per il falso comunicato del lago della Duchessa), due cubi flash per macchina fotografica Polaroid (che rimandano alle foto scattate ad Aldo Moro nella cosiddetta “prigione del popolo”), fazzolettini di carta marca Paloma (stessa marca di quelli trovati sul corpo di Aldo Moro), il frammento di un biglietto per il traghetto Villa San Giovanni-Messina e altro materiale, oltre a delle schede in fotocopia, una di queste relativa alla morte di Mino Pecorelli.
Tony potrebbe aver partecipato, in qualche modo, all’omicidio del giornalista?
“Non era un assassino. E non si interessava di politica. Non so perché abbia confezionato il materiale ritrovato in quel borsello. Durante il processo dissero che aveva seguito il giornalista, che era stato visto sotto il suo ufficio. Forse voleva solo parlargli… metterlo in guardia. Escludo che possa aver partecipato all’omicidio”.
Era legato alla banda della Magliana?
“Conosceva Massimo Sparti, uno che faceva documenti falsi. Tony faceva la stessa cosa. So che si rivolgevano a lui per avere patenti e passaporti… e che a Franco Giuseppucci, quello che chiamavano il Nero, regalò dei quadri. Si vedevano in un bar, in casa nostra quelli della Magliana non sono mai entrati”.
Frequentava via dei Volsci?
“Sì, forse aveva degli amici lì”.
Perché lasciare quelle schede?
“Tony non era una persona normale, era un matto. Ma un matto buono. A suo modo voleva dare delle indicazioni. Con quel borsello sarebbe stato facile arrivare a lui, probabilmente voleva anche questo. Voleva essere interrogato”.
Il borsello fu consegnato ai carabinieri, al generale Antonio Cornacchia, ma il falsario non fu mai individuato e mai convocato. Almeno, non ufficialmente.
La notte fra il 23 e il 24 marzo 1984 con quattro complici Antonio Chichiarelli mise a segno una rapina da 35 miliardi di lire svuotando il deposito della Brink’s Securmark in via Aurelia. Sei mesi dopo, il 28 settembre 1984, fu assassinato mentre stava rientrando a casa insieme alla nuova compagna e al figlio di pochi mesi.
“La rapina alla Brink’s Securmark fu un ringraziamento, una sorta di regalia da parte di chi gli aveva commissionato certe particolari operazioni. È un fatto che dopo trentasette anni si può affermare tranquillamente, anche se non a livello giudiziario”: cit. pag.10 Resoconto Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro seduta del 19 marzo 2015.
“Quella sera con Tony c’era Cristina – conclude Chiara Zossolo – I nostri rapporti, nonostante la sua nuova storia, erano buoni. Della rapina appresi quando vidi le mazzette di soldi sul tavolo. Mi disse che era andato per prendere soldi ma che aveva trovato anche documenti. Nei mesi successivi anticipò 4 miliardi e mezzo di lire a tre fratelli proprietari di una fabbrica di cornici. Erano pieni di debiti e Tony si offrì di comprare le azioni dell’azienda, avrebbero ufficializzato l’acquisto da un notaio, da lì a poco, ma Tony fu ucciso. E quei soldi non furono mai più restituiti”.
L’omicidio di suo marito è rimasto irrisolto, come quello di Mino Pecorelli…
“Non so chi uccise Tony così come non so chi bruciò la mia casa. Era domenica, forse Pasqua o le Palme, era un giorno di festa ed ero al ristorante con i miei nipoti, per fortuna. Al mio rientro trovai vigili del fuoco e fumo. Della mia casa non si salvò niente…Tony era già stato ucciso e io avevo già testimoniato al processo di Perugia”.
To see the article visit estremeconseguenze.it
martedì 26 marzo 2019
STRAGE DEL SANGUE INFETTO / UN SUICIDIO DI MASSA…
I morti di Ustica? Sull’aereo c’era un pilota pazzo che s’è fatto scoppiare con tutti i passeggeri a bordo.
Il rogo di Viareggio? I passeggeri non hanno rispettato il divieto di fumare e così si sono dati fuoco. Se la sono cercata.
Gli inabissati del Moby Prince? Quei fessi si erano spostati tutti su un lato della nave per giocare a guardia e ladri. Uno ha acceso un fiammifero nella stiva per cercare l’altro e boom.
Ilaria Alpi e Miran Hrovatin? Stavano comprando un chilo di marjuana prima di ripartire per l’Italia e si sa cosa succede in questi casi. Un diverbio sul prezzo e via.
Paolo Borsellino? Si è autobombato in via D’Amelio con la scorta perché si celebrassero tutti i processi Borsellino fino al quater e potesse passare alla storia. Peccato sia stato pareggiato da Ruby, anche lei col suo poker.
Adesso la “strage per il sangue infetto”. Finalmente le vittime hanno vuotato il sacco al processo di Napoli: tutti a zonzo per il mondo, dalle foreste africane alle carceri statunitensi, per provare il brivido dell’emozione, cioè rapporti sessuali con gorilla e galeotti, tanto per finire i propri giorni in gloria.
Finalmente, una buona volta, in un colpo solo i famigerati Misteri di Stato che hanno segnato la storia del nostro Paese risolti con un colpo di bacchetta magica. Altro che Poteri & Servizi non poi tanto segreti, altro che Depistaggi e collusioni mafiose: la verità era lì sotto il naso, più semplice che bere un bicchier d’acqua.
SCENEGGIATA NAPOLETANA
Uscendo dalle metafore tragicomiche, siamo all’indomani della sentenza pronunciata dalla sesta sezione penale del tribunale di Napoli, presieduta da Antonio Palumbo.
Dopo tre anni esatti dall’inizio di un processo cominciato 20 anni fa a Trento e dopo oltre una decina d’anni di indagini, è arrivata la storica pronuncia: tutti gli imputati assolti con formula piena, perché “il fatto non sussiste”. Nessun colpevole.
Candidi come un giglio l’ex re Mida della Sanità Duilio Poggiolini, immacolati come viole mammole ex dirigenti e funzionari del gruppo Marcucci, da sempre – almeno da metà anni ’70 – oligopolista nella importazione, lavorazione e distribuzione di emoderivati in Italia, come la Voce ha avuto modo di dettagliare in tanti anni di inchieste, a cominciare dal 1977, un articolo pubblicato dall’allora Voce della Campania diretta da Michele Santoro.
Appena dopo la sentenza, si è scatenata una ridda di ipotesi, visto che nessuno è responsabile per le morti di chi ha assunto gli emoderivati killer. Quale la pista in un futuro da seguire per rintracciare il vero movente della strage?
Da rammentare che i morti totale, secondo le stime più fresche, sono circa 6 mila. Tutte vittime impunite.
Prima pista. Una setta satanica. Ricordate le stragi con centinaia di morti negli Stati Uniti organizzati da perfide sette sataniche? In questo caso si tratta di un mega suicidio scandito in varie tappe, ritualmente celebrate da santoni ancora a piede libero.
Seconda pista. Una sparizione di massa. Di solito succede per una persona che fugge di casa, stavolta si tratta di migliaia di persone che non hanno più dato notizie di sé. Rivolgersi a “Chi l’ha visto?”.
Terza pista. Un rapimento perfetto senza richiesta di riscatto. Ricordate gli Ufo e le astronavi marziane? Non si tratta di fake news. Sono atterrate in gran segreto ogni 6 mesi a partire dagli anni ’80 e di volta in volta hanno prelevato decine e decine di persone. Si arriva, oggi, ad un totale, calcolatrice alla mano, di 6-7 mila soggetti volatilizzati.
Quarta pista. Il viaggio della speranza, “the last travel”. E’ l’ipotesi più suggestiva e articolata. Usciti di senno, moltissimi ammalati hanno deciso di godersela per l’ultima volta. La gran parte è partita per l’Africa, zoo safari e rapporti border line con gorilla e scimpanzè; un’altra parte è volata in Asia, e un’altra buona fetta negli Stati Uniti, con una meta ben precisa, visitare le carceri a stelle e strisce: Alabama, Louisiana e soprattutto Arkansas, come è emerso anche durante il processo partenopeo. Ma gli ultimi 007 sono finalmente riusciti a ribaltare l’assurda tesi portata avanti dagli avvocati delle parti civili: sangue ed emoderivati non arrivavano dalle galere americane, ma sono stati i folli pazienti-impazienti a volare lì per simpatizzare con i carcerati, ammalati di Aids e di altre patologie super infettive.
L’Uovo di Colombo, il quale – non a caso – ha scoperto l’America.
Siamo sicuri che le motivazioni della sentenza, le quali verranno rese note entro 90 giorni, quindi a fine giugno, sapranno dare una risposta definitiva e convincente a tali dubbi & arcani.
PROTAGONISTI & INTERPRETI
Hanno avuto la vista lunga, di tutta evidenza, alcuni protagonisti del processo.
In pole position il pm, Lucio Giugliano, che fin dalla prima udienza di tre anni fa esatti aveva chiesto il proscioglimento per alcuni imputati, come effettivamente è accaduto – e con formula piena – dopo tre anni per tutti. Aveva visto giusto nel chiedere subito una perizia tecnica d’ufficio a tre super esperti. Così come a chiedere l’escussione di uno dei testi-base, l’ematologo milanese Piermannuccio Mannucci.
All’esito del cui interrogatorio avrebbe voluto chiudere subito il processo, perché Mannucci escludeva categoricamente la possibilità non solo di provare il famoso nesso causale tra l’assunzione degli emoderivati killer e l’insorgere delle patologie, ma soprattutto perché ravvisava l’impossibilità di individuare quel “farmaco killer”, quell’emoderivato assassino.
E, ancor più, Mannucci rassicurava circa la bontà e la sicurezza di quegli emoderivati, perché “provenivano, così mi veniva detto dai dirigenti del gruppo Marcucci, dai campus universitari e dalle casalinghe americane”. Incredibile ma vero.
Peccato, però, che quel super teste, l’esperto mega galattico, fosse un teste in palese conflitto d’interessi, dal momento che è stato per anni consulente (stipendiato) di Kedrion, la corazzata di casaMarcucci, ed ha partecipato (gettonato) a svariati simposi medici organizzati sia in Italia che all’estero dalla stessa Kedrion.
Le fisiologiche “anomalie” sono proseguite nel corso dei tre anni di dibattimento fino al termine delle udienze. Uno degli avvocati delle parti civili, tale Emanuele Tomassi, nella sua “arringa” finale (sic) ha chiesto la prescrizione per tutti. L’avvocatura dello Stato (in rappresentanza del Ministero della Salute) che ha partecipato solo alle prime udienze processuali, non ha avuto neanche la faccia di presentare alcuna memoria conclusiva né ha avanzato alcuna richiesta, disertando l’aula: in tal modo manifestando con chiarezza la volontà di non chiedere nemmeno i risarcimenti civili come aveva sbandierato all’inizio, pari ad una cinquantina di milioni di euro. Tutto a posto e tutto in ordine.
LO STATO SULLA STRAGE? MA CHISSENEFREGA
A questo punto.
Ma chissenefrega se la tragedia degli emoderivati killer era nota fin dal 1977, come documenta la prima inchiesta della Voce. Mentre lorsignori negano. E a loro parere nessuno negli ambienti scientifici ha mai parlato in quegli anni di rischi da sangue infetto.
Chissenefrega del Congo Belga e dei campi di raccolta di sangue non perfettamente testato, campi organizzati dalle aziende del gruppo Marcucci.
Chissenefrega se il regista americano Kelly Duda, autore dello choccante docuflim “Fattore VIII”, è arrivato dagli Stati Uniti a verbalizzare, davanti alla sesta penale, per confermare l’arrivo di quel sangue dalle galere a stelle e strisce e in particolare da quella di Cummings nell’Arkansas.
Chissenefrega se l’ematologo e scrittore Elio Veltri, autore de “L’Italia non è un paese per onesti”, dedica un intero capitolo agli emoderivati killer ed anche lui ha verbalizzato a Napoli sostenendo che “quella del sangue infetto è la più grande strage di sempre a livello mondiale, del tutto ignorata dai media”.
Chissenefrega se la BBC nel 2007 ha realizzato un altrettanto choccante docufilm che documenta i primi stoccaggi di scatoloni di emoderivati in depositi frigoriferi nel Veneto, insieme a grandi partite di baccalà.
Chissenefrega se a novembre 2018 in Inghilterra, con tutti i maxi problemi che devono affrontare a cominciare dalla Brexit, hanno trovato il tempo per varare una commissione parlamentare d’inchiesta proprio sulla loro strage del sangue infetto, che ha mietuto 3 mila vittime.
Chissenefrega delle nostre vittime finite tra atroci sofferenze.
Chissenefrega delle sofferenze dei parenti.
Chissenefrega degli inferni che hanno dovuto sopportare per una burocrazia assassina e una giustizia negata.
Chissenefrega se tutti sono stati uccisi due volte.
Chissenefrega se anche la Memoria è stata calpestata.
Chissenefrega se tutti i media salvo rarissime mosche bianche non hanno dato lo straccio di un’informazione degna di tal nome in tre anni di processo. E neanche prima.
Chissenefrega se la politica è stata prima complice e poi del tutto assente e quindi connivente, come se la strage non fosse mai esistita.
Chissenefrega se il Capo dello Stato ogni tanto chiede “giustizia per i morti di Ustica” senza peraltro alzare un dito e sui morti per la strage del sangue infetto non sussurra neanche un alito.
Chissenefrega se il ministro per la Salute, la grillina Grillo, non ha alzato nemmeno un dito perché il suo ministero non fosse del tutto assente al processo di Napoli.
Chissenefrega se lo stesso ministero renderà sempre più impossibili le cause di risarcimento per i parenti delle vittime che continuano a morire, perché la tragica finestra temporale non è certo chiusa: come succede per un’altra tragedia oscurata, quella dei roghi tossici nella Terra dei Fuochi.
P.S. Si sono battuti come leoni gli avvocati di molte parti civili ed associazioni, Stefano Bertone ed Ermanno Zancla. Soli contro tutti.
Memorabile l’arringa finale di Bertone, otto ore, in cui ha dimostrato non solo il famoso “nesso causale” tra l’assunzione degli emoderivati killer e l’insorgere delle patologie; ma anche le letali “re-infezioni” e “sovra-infezioni”.
Perfetto sotto il profilo morale, giurisprudenziale e scientifico.
Verità e Giustizia, però, da sole non bastano per abbattere i Muri di Gomma del Potere.
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