La vecchia massima in voga tra gli antichi romani Excusatio non petita, accusatio manifesta” è spesso fonte di pura verità.
Ed è a questa massima verso la quale il pensiero è immediatamente corso quando ieri, praticamente dal nulla, è spuntato un tweet di Matteo Renzi, nel quale l’ex presidente del Consiglio si affannava a prendere le distanze dal caso del cosiddetto Spygate.
Lo spygate è una intricata vicenda di spionaggio internazionale che aveva come preciso scopo quello di incastrare Donald Trump nel 2016, e di associarlo falsamente al Cremlino.
È un piano eversivo che è stato concepito negli ambienti dello stato profondo di Washington che sarebbe ricorso all’aiuto di un altro stato profondo, quello italiano che ha un legame a doppio filo con il primo dal 1945 in poi.
Altre volte, Renzi aveva risposto alle accuse di aver coinvolto i servizi segreti italiani in questa operazione che vedeva nei suoi principali ispiratori l’ex presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, e Hillary Clinton, ex segretario di Stato.
La differenza però questa volta sta nel fatto che nessuno sembra aver chiamato direttamente in causa Renzi per un suo eventuale coinvolgimento in questo piano eversivo ai danni di Donald Trump.