A caccia senza porto d'armi, sequestrato il fucile ad un uomo di Magliano dei Marsi - Terre Marsicane
Posted: 03 Dec 2019 05:54 AM PST
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Magliano de' Marsi, comune della Marsica in provincia di L'Aquila (Unofficial Website)
mercoledì 4 dicembre 2019
A caccia senza porto d'armi, sequestrato il fucile ad un uomo di Magliano dei Marsi
martedì 3 dicembre 2019
Ben tredici medaglie per gli atleti di arti marziali di Magliano
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lunedì 2 dicembre 2019
GIALLO PANTANI / ARRESTATA LA “DAMA NERA” RUSSA
Arrestata a Riccione, ubriaca fradicia all’uscita di un bar, Elena Korovina, la “dama nera” nel giallo dell’omicidio di Marco Pantani.
Ha afferrato una spranga di ferro per aggredire due carabinieri che l’hanno portato subito in caserma, dove ha trascorso la notte, per poi essere rimandata a casa e denunciata a piede libero.
E’ la donna dei misteri, un tempo fascinosa escort di lusso, ora irriconoscibile, svisata e imbolsita per l’uso di droghe e alcol.
Quelle droghe che lei conosceva bene, quando faceva da tramite con i pusher per la coca.
Un giallo che resta tutto in piedi nonostante la sentenza di archiviazione pronunciata dalla Cassazione sulla tragica fine di Marco nel residence Le Rose di Rimini, esattamente 15 anni fa, il giorno di San Valentino del 2004. Perché – secondo gli alti ermellini – si trattò di suicidio.
Nonostante la gigantesca mole di prove e testimonianze, prima la procura di Perugia ha archiviato, poi il caso è stato definitivamente sepolto sotto una montagna di anomalie, ben 100 quelle illustrate in una ponderosa memoria dal legale della famiglia Pantani Antonio De Rensis: dalla dinamica dei fatti, i segni di colluttazione e trascinamento del corpo, la devastazione di mobili e oggetti, la presenza di indumenti non appartenenti a Marco, chiari segni di violenza, coazione fino all’ingestione coatta di una pallina di coca, causa del decesso.
La stessa posizione dell’escort russa, finita sotto processo, è stata archiviata. Chissenefrega se conosceva i pusher, e chissenefrega degli stessi pusher, oggi liberi come fringuelli. E chissenefrega dei legami dei pusher con la camorra.
E ancora. Chissenefrega se il famigerato Giro d’Italia del 1999 venne taroccato dagli uomini dei clan, così come è emerso in tutta la sua evidenza nel corso di un’inchiesta sempre portata avanti (avanti?) dalla procura di Forlì. Anche in questo caso un’archiviazione, nonostante un’altra gigantesca mole di prove, verbalizzazioni perfino di camorristi i quali confermavano (anche se ‘de relato’) come quel Giro fosse stato comprato e falsato. Tanto da “convincere” (con i metodi che la camorra usa) medici dell’equipe del Giro a taroccare le provette con il sangue di Marco.
Un residuo di inchiesta – sul Giro fasullo – c’è ancora alla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, nelle mani del pm Antonella Serio. L’avvocato De Renzis, infatti, chiese tre anni e mezzo fa la riapertura del caso: ma in questo lungo lasso di tempo non c’è stata alcuna notizia, solo un silenzio altrettanto tombale.
www.lavocedellevoci.it
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domenica 1 dicembre 2019
IL GIALLO ENRICO FORTI / DA 20 ANNI NEGLI STATES IN GALERA SENZA PROVE
In galera da 20 anni nei “democratici” States senza uno straccio di prova, senza un giusto processo, senza un movente per un omicidio che non ha mai commesso.
E’ l’incredibile story di Enrico ‘Chico’ Forti, del quale appunto ricorrono i vent’anni di folle detenzione nelle galere a stelle e strisce e sulla cui vicenda ha appena presentato un’interrogazione parlamentare alla Camera Michela Rostan di Liberi e Uguali.
Chiede al ministro degli Esteri Luigi Di Maio: “Forti dal 2000 si trova in carcere negli Stati Uniti, con una condanna all’ergastolo per omicidio avvenuto in base a un processo lampo, indiziario e senza prove. Il procedimento giudiziario in cui è stato coinvolto in nostro concittadino è, a detta di molti, lacunoso e parziale. A Forti sono stati negati diritti elementari di garanzia per difendersi. Cinque anni fa la Camera ha approvato una mozione per chiedere al Governo un impegno forte a tutela del nostro concittadino. Da allora si è mosso poco. L’esecutivo attivi i suoi buoni rapporti con gli Stati Uniti, sempre molto solerti quando si tratta di difendere i diritti di un connazionale, e avanzi con decisione la richiesta di un giusto processo con le giuste garanzie”.
IL PEGGIOR CASO DI MALAGIUSTIZIA NEGLI STATES
Ricostruiamo per sommi capi l’incredibile vicenda, etichettata dal legale di Forti, Joseph Tacopina (proprietario tra l’altro del Venezia Calcio) come “il peggior caso di malagiustizia che abbia mai visto negli Stati Uniti”. Non poco.
Di Forti si hanno le prime notizie quasi trent’anni fa, nel 1990, quando partecipa con successo ad una puntata di “Telemike”, vincendo la bella somma di 80 milioni. Ed è così che può soddisfare il sogno di una new life, volando negli amati States con la moglie per iniziare la nuova vita. Diventa videomaker e produttore televisivo, un vero dream; realizza soprattutto reportage sugli sport estremi che vende a diverse emittenti a stelle e strisce.
Le cose vanno ok e riesce a addirittura a trasferirsi in un quartiere esclusivo di Miami, in Florida. Decide di diversificare le sue attività e comincia ad investire nel settore immobiliare. Ed ecco che arriva una buona chance, ossia l’acquisto di un albergo che va per la maggiore – ma in quel periodo si trova in difficoltà – il Pike’s Hotel di Ibiza. Il proprietario, Tony Pike, entra in contatto con Chico Forti, la trattativa pare incanalarsi per il verso giusto. A questo punto Tony Pike decide di far venire a Miami il fratello, Dale, per avere il suo avallo alla vendita.
Chico va a prendere Dale all’aeroporto ma poche ore dopo il cadavere dello stesso Dale viene trovato sulla spiaggia di Miami con due proiettili nella testa, nelle tasche il biglietto aereo comprato da Forte. Il quale viene immediatamente fermato dalla polizia e trascinato senza complimenti in galera.
Seguirà un processo sommario, tipo Far West e alla conclusione manca solo il cappio al collo. Invece, sarà un continuo vagare per le galere statunitensi.
COME TI INCASTRO MEGLIO
Ecco alcune frasi dei parenti o di chi si è occupato del caso.
Sottolinea lo zio Gianni che si è venduto anche la casa per pagare le spese legali e tutto quanto potesse aiutare il nipote: “E’ stato condannato per aver pianificato l’omicidio di una persona che non aveva mai visto né incontrato in vita sua”.
“E’ tutta una costruzione della colpevolezza. Ciò che era a sgravio nel processo è stato eliminato o non si trova più”.
La madre novantunenne: “Devo mantenermi giovane per aspettare che esca”.
L’avvocato Tacopina: “Non ci sono prove né dai magistrati né dalla polizia che Chico sia l’assassino. Sono rimasto scioccato quando ho letto la trascrizione del processo. Ci sono dozzine di motivi che fano dubitare della sua colpevolezza”. E ancora: “anche un novellino dell’investigazione capirebbe che tutto è stato studiato per incastrarlo. Non c’è niente, è tragicamente ridicolo. Sembra una commedia di Benigni”. O una tragedia di Sofocle.
Un amico di vecchia data, Francesco Guidetti, fa notare: “viveva un momento felice e fortunato della sua vita, non aveva il minimo motivo per ipotizzare un omicidio del genere”.
Ferdinando Imposimato, il magistrato coraggio che per decenni ha denunciato mafie & terrorismi e si è battuto con vigore per l’innocenza di Chico Forti: “In tutta la storia non esiste un solo indizio concreto. Nelle mie molteplici letture dei fascicoli processuali non ne ho trovato uno, uno solo”.
Ed infatti, a quanto pare, tutto dipende da pochi granelli di sabbia. Quelli trovati nelle tasche di Chico Forti e che proverrebbero dalla spiaggia dove è stato trovato il corpo della vittima.
Osserva Lorenzo Matassa, un altro ex magistrato che ha studiato a lungo il giallo: “Negli Stati Uniti, per condannare qualcuno, devi superare ogni ragionevole dubbio. Qui non esiste alcun movente. Non può esistere un delitto senza movente: a cosa giovava l’assassinio di questo ragazzo?”.
Secondo i giudici a stelle e strisce il movente sarebbe stato di interesse: ritengono, senza peraltro poterlo in alcun modo provare, che Dale fosse contrario alla vendita del Pike e che proprio per questo Forti avrebbe deciso di farlo fuori. Davvero ‘fuori’ dal mondo!
SERVIZI DI POLIZIA
La realtà è invece esattamente un’altra. E fa balzare evidenti tutte le responsabilità della polizia. Chico, infatti, aveva osato produrre un docufilm da novanta sull’omicidio di Gianni Versace facendo risaltare, nella pellicola, il pessimo operato della polizia di Miami in tutta la vicenda.
Ecco cosa scrive un sito americano a proposito dell’assassino del famoso stilista, Andrew Cunanan, e non solo: “Dopo una lunga caccia all’uomo, Cunanan venne trovato morto a Miami. Chico Forti realizzò un documentario in cui veniva dato spazio all’ipotesi che Cunanan sarebbe stato ucciso altrove e poi spostato nella casa in cui è stato ritrovato per inscenare un suicidio. Il documentario mise in cattiva luce l’operato della polizia di Miami. E’ da lì che sono cominciati i suoi problemi. Per esempio, la giudice che condannò Chico faceva parte del team che aveva condotto le indagini sulla morte di Cunanan”. Se vi par poco per depistare!
Ma c’è ancora una ciliegina sulla torta. In tutto il corso del processo, l’accusato non ha MAI avuto modo di difendersi né di dire la sua. Infatti non è MAI stato interrogato né MAI ha potuto verbalizzare in aula, al pubblico dibattimento nel corso del quale perfino il più efferato killer ha tutto il diritto di parlare.
Qui un innocente non ha potuto dire neanche una sillaba.
E’ questa la giustizia nei super democratici Usa?
www.lavocedellevoci.it
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sabato 30 novembre 2019
Giornata ecologica a Magliano dei Marsi
Magliano de' Marsi
Aggiornamento ⋅ 30 novembre 2019
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