“Ho viaggiato tanto, ho fatto esperienze. Ora non ho più la smania di fare,
sento il bisogno di guardarmi dentro”, racconta la cantante toscana a FQ
Magazine. "Dai grandi artisti con cui ho collaborato ho sempre cercato
di prendere il lato innovativo. Se pensi, per esempio, a TVB, il pezzo
che scrisse per me Jovanotti nel 1994, aveva un cantato un po’ funky che
non era molto diffuso all’epoca"
“Ho viaggiato tanto, ho fatto esperienze. Ora invece non ho più la
smania di fare, sento il bisogno di guardarmi dentro”. Comincia così la
nostra chiacchierata con
Irene Grandi. Il suo nuovo disco,
Un vento senza nome,
segna la svolta della cantante toscana verso una strada più intimista e
consapevole. Un cambiamento umano e artistico supportato da musicisti
che spaziano dal jazz al rock:
Stefano Bollani,
Cristina Donà,
Marco Parente,
David Florio,
Marco e Saverio Lanza.
Tutti loro hanno contribuito alla realizzazione di Un vento senza nome,
un album che propone undici episodi di pop raffinato con arrangiamenti
essenziali. Un disco reso appetibile anche dalla poesia e la ricerca
melodica di Cristina Donà, autrice della soffice
In memoria e del motivo un po’ retrò di
Una canzone che non ricordo più, dall’originalità cantautorale di Marco Parente, che le ha regalato
Cuore bianco,
e dal pianoforte di Stefano Bollani, ormai compagno di mille avventure
musicali. Il percorso di cambiamento della Grandi passa pure attraverso
la scrittura dei testi delle canzoni, che mai come questa volta ha
deciso di curare personalmente. A cominciare proprio dal brano Un vento
senza nome, presentato all’ultimo Festival di Sanremo, che racconta il
coraggio e la forza di aprirsi a nuovi orizzonti. Quelli che ha cercato
di esplorare la cantante con il suo ultimo lavoro.